بسم الله الرحمن الرحيم
Alcune delle più profonde incomprensioni e dei più gravi fraintendimenti, in merito al ruolo della donna in una prospettiva propriamente tradizionale - e, per estensione, a proposito della condizione umana in genere - originano dalla più generale ignoranza, tipicamente moderna, della natura simbolica della realtà, e della portata metafisica delle sue manifestazioni sensibili.
Sorta di premessa fondamentale alla comprensione autentica di qualsiasi legislazione sacra, una veridica intelligenza spirituale della realtà funge invece da principale - e, per certi versi, esclusiva - chiave ermeneutica tradizionale, che permetta di penetrarne adeguatamente i principi, i significati e gli equilibri interiori ed esteriori, di cui la dogmatica e la precettistica sono in definitiva delle espressioni formali altrimenti incomprensibili.
Questo brano di Sergio Fritz Roa prende brevemente in considerazione la funzione femminile nell'ambito del cammino di realizzazione spirituale, specificamente dal punto di vista della tradizione ermetica. L'argomento riveste peraltro un interesse proprio, essendo ampiamente condiviso, sotto vari aspetti ed in diverse forme, dalle dottrine di molte tradizioni rivelate.
«[..] L'opera alchemica, come tutto il cammino spirituale, non è possibile senza la presenza del femminile. Ovviamente il femminile non implica necessariamente una donna. Per questo ci sono molti cammini che non richiedono la sua presenza fisica. Però quello che è insostituibile è la qualità femminile o energia femminile - la quale si manifesta, qualunque sia il sapere, anche nel sé mascolino, attraverso gli aspetti dell'emotività, della devozione e del gusto dell'arte. Possiamo dire di conseguenza che la donna è la specie ed il femminile ciò che l'ha generata.
Allora, per l'Alchimia tanto il femmineo che la donna sono essenziali. Semplificando molto, possiamo dire con precisione: la donna è essenziale - poiché essa include già l'elemento femminile [apportandolo cioé in forma operativa ed attuale, e non latente e potenziale, ndr].
Evola segnala in relazione a questo argomento che «la Donna dei filosofi (simbolo della Forza della Vita) in un certo momento smise di essere "conosciuta": allora la donna terrestre fu utilizzata come mezzo per cercarla nuovamente, grazie alla vertigine ed all'estasi che l'amore può produrre con l'unione dei due sessi».
Questa "cattura" del femmineo è giustamente uno dei maggiori risultati ottenuti dalla scienza tradizionale ermetica, la quale valorizzò la donna in maniera così eloquente, come fecero nel loro tempo i Fedeli d'Amore. [..]
La forma di esprimere quest'importanza è, in linea di principio, simboleggiata attraverso la funzione di intermediaria: Essa è colei che permette all'ermetista di accedere alla Natura - che è femminile; Essa accorda all'iniziato la chiave. Lei possiede però anche una funzione di somministratrice: dà all'alchimista gli strumenti. Completa inoltre una funzione purificatrice: dando gli strumenti all'alchimista, lo purifica, lo pulisce e lo impregna della sua infinita bontà. Essa, poi, è pure sacerdotessa con la quale si celebrano i matrimoni alchemici e si celebrano le nozze mistiche. [1]
Il suo amore si manifesta allora in tutte le fasi che deve seguire l'iniziato nell'Opus Magnum [l'opera di realizzazione del Sé, ndr]. Essa lo inizia. Essa lo accompagna. Essa permette di chiudere il ciclo, di completare in sé il simbolo dell'Ouroburos. [2][..]
Vediamo il senso nascosto del matrimonio chimico. L'unione, o meglio, l'interazione di due forze può generarne una terza. Diciamo può, poiché è possibile che i due esistenti si neutralizzino o si estinguano nel momento dello scontro. Se ciò non accade, si crea una terza forza. Se trasferiamo questa immagine ad un piano pienamente metafisico, le forze indicate sono l'Uomo e la Donna, e si ottiene un risultato positivo - ovvero, non negativo, non trattandosi dell'annullamento dei contrari - allora questo deve essere l'Androgino. Il terzo principio. La restaurazione dell'Unità primigenia. La concretizzazione del momento anteriore alla Caduta. E' il ritorno al Paradiso. E' la donna che porta la plenitudine. E', dunque, l'Uomo pieno [l'Uomo universale, ndr].
Questa realtà duplice [l'archetipica riunione dell'Uomo e della Donna, e la loro reintegrazione nell'Unità originaria, ndr] è indicata dal Corpus Hermeticum nella maniera seguente: «Percependo nell'acqua la propria forma, concepì il desiderio di lei e quello di possederla. L'atto accompagnò il desiderio e la forma irrazionale fu concepita. La natura si appropriò del suo amante, lo circondò e si unirono in amore reciproco. Ed è così che, unico fra tutti gli esseri che vivono sulla terra, l'uomo è duplice, mortale nel corpo, immortale nell'essenza. Superiore al sogno, egli è dominato dal sogno».
Qui è espressa l'importanza del concetto di amore: a [senza] - more [morte], ovvero senza-morte, ciò che chiaramente non intende solo relazione, come si suole pensare oggi con un certo grado di emotività.
Rispetto ai simboli di riferimento nei trattati alchemici, così come nelle loro numerose incisioni, la donna è rappresentata dal mercurio, e l'uomo dallo zolfo. Loro devono realizzare il matrimonio chimico, ovvero la morte che ci permette la resurrezione. Tale è l'importanza di questo atto supremo - dove si uniscono gli opposti complementari, i principi universali di maschile e femminile - che Titus Burckhardt dice: «L'unione dello zolfo e del mercurio, del Sole e della Luna, del Re e della Regina è il simbolo principale dell'Alchimia». A tali parole non manca ragione, né sono esagerate.
Se siamo stati capaci di farci capire, si può intuire senza dubbio che prima di tutto l'Alchimia è qualche altra cosa, la riunione delle forze naturali che ha lo scopo di realizzare un essere nuovo: solamente attraverso lo sforzo di sottrarsi alla morte di uno stato, per poi realizzare il mistero della resurrezione. E così è più di quello che era, può ora avere un elemento nuovo e, quello che è primordiale, una nuova coscienza. Così, «I due principi (il Sole e la Luna, il Re e la Regina) si uniscono nel bagno mercuriale e muoiono (questa fase è detta nigredo); la loro anima li abbandona per ritornare più tardi e dare nascita al filius philosophorum, l'essere androgino (Rebis) che annuncia l'imminente ottenimento della Pietra Filosofale».
Così, dopo la morte, è necessaria la resurrezione. [..]
Non pretendiamo di aver esaurito un tema tanto primordiale come quello che abbiamo trattato. Saremmo ingenui se lo credessimo. La nostra intenzione, in verità, è molto più semplice; però implica un compito non meno valido.
Quello che desideriamo provocare con queste poche pagine, è quello di segnalare, da una prospettiva tradizionale, quello che la simbologia alchemica vuole indicare con la donna - od il principio femminile - e come secondo gli alchimisti essa può aiutare lo studioso della Via dello Spirito a svelare l'aspetto femminile di Dio. [3] La comprensione di questa Verità ci porterà sempre più vicino alla Sua Luce.»
Liberamente tratto da
"L'idea - Il Giornale di Pensiero" - 2001 Anno VII n. 2
Note
[1] Le molteplici funzioni del femminile nell'ambito di una vita spiritualmente orientata - nonché le modalità d'accesso più adeguate ad esse - sono tipicamente trasposte a livello simbolico nell'ambito dei riti e delle legislazioni sacre.
A titolo d'esempio, il matrimonio islamico - lungi dall'essere un mero "contratto sociale", come si è soliti definirlo - rappresenta, tanto nei suoi obiettivi e nelle sue condizioni di validità che nella "condotta tradizionale" [adab] che gli è propria, un itinerario completo che conduce gradualmente gli sposi dalla rigorosa separazione dell'hijāb alla loro completa unione [nikāh] matrimoniale, prefigurazione terrena della primordiale condizione edenica dei Beati.

[3] A scanso di qualsiasi possibile errata interpretazione, sembra opportuno notare come per "aspetto femminile di Dio" non sia certamente da intendersi una qualche definizione "di genere" del Principio divino, bensì la considerazione di talune Sue qualità - od, appunto, "aspetti" - che nel femminile trovano un "luogo" privilegiato di manifestazione.
E' il caso tipico, ad esempio, della divina Misericordia: la parola araba che ne definisce la natura [Rahma] condivide la sua radice semantica col termine che indica l'utero materno.
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