العشقي
Appunti e spunti di vita tradizionale
Importanza dell'Insegnamento
بسم الله الرحمن الرحيم
«Nel mondo ci sono molti che amano dare lezioni, ma sono pochi quelli che si rallegrano nel ricevere un insegnamento, e sono ancora meno numerosi coloro che praticano l'insegnamento ricevuto.
Passata l'età dei trent'anni, è difficile che uno trovi un insegnante. Quando gli rimane preclusa la via dell'istruzione, un uomo diventa egoista e stupido, accumula errori su errori e finisce male. E' necessario dunque diventare amico di uno che conosce la Via e ascoltare il suo insegnamento.» [I, 154]
Addestramento
بسم الله الرحمن الرحيم
«L'addestramento non finisce mai. Se un uomo pensa di essere giunto alla fine, va contro lo spirito del Bushidō, mentre se, per tutta la vita, pensa di non essere mai arrivato, quando muore gli altri penseranno che abbia completato la Via del samurai. Pur addestrandosi per tutta la vita, è molto difficile che un uomo raggiunga l'Uno mantenendosi puro. Se non è puro, egli non raggiunge la Via. Servire il maestro e il valore militare devono diventare una cosa sola.» [I, 139]
L'Islām e la Gente del Libro
بسم الله الرحمن الرحيم
«Nella "definizione coranica" del rapporto tra l'Islām e le altre religioni rivelate - segnatamente il Cristianesimo - sembra rivestire una certa importanza il versetto 64 della terza Sūra, la Sūra della "Famiglia di 'Imrān". Nel render conto di tale versetto, ci baseremo su alcuni tra i commentari coranici più autorevoli e diffusi, e specialmente Tafsīru-l-Qur'āni-l-'azīm di Abū-l-fidā Ismā'īl Ibn Kathīr, Rūhu-l-ma'āni di Mahmūd Al-'Alūsī e Ad-durru-l-manthūr di Jalālu-d-dīn As-Suyūtī, tra le più importanti opere di esegesi coranica, basate sulle opinioni del Profeta Muhammad (صلّى اللَّه عليه و سلّم), dei suoi compagni, e dei santi che succedettero loro nelle generazioni seguenti.
«Gyō»: il Cammino come ascesi e sacrificio di sé
بسم الله الرحمن الرحيم
«[..] In senso letterale, «gyō» significa «camminare», o «il cammino». Utilizzato dapprima per designare la pratica di chi segue una forma particolarmente difficile di ricerca religiosa della perfezione, il termine si è in seguito esteso alle arti tradizionali, che si basano tutte - ricordiamolo - su una ricerca della perfezione.
Il significato del «gyō» appare chiaramente nell'approccio di certi monaci buddhisti che, sul monte Hiei, praticano mille giorni di gyō per arrivare al livello di «ajari» [«insegnante», o «maestro»]; l'espressione «Sen Nichi Kai Ho Gyō» designa il fatto di percorrere le montagne per mille giorni recitando e meditando frasi sacre.
L'Esoterismo islamico
بسم الله الرحمن الرحيم
«Di tutte la dottrine tradizionali, la dottrina islamica è forse quella dove è più fortemente marcata la distinzione fra due parti complementari, che possiamo chiamare essoterismo ed esoterismo. Esse sono, secondo la terminologia araba, al-sharī'ah, letteralmente "la strada maestra", aperta a tutti, e al-haqīqah, la verità interiore, riservata all'élite, non in virtù di una decisione più o meno arbitraria, ma per la natura stessa delle cose, perchè non tutti possiedono le capacità o le "qualificazioni" necessarie per arrivare a conoscerla. Per esprimere il loro carattere rispettivamente "esteriore" ed "interiore", spesso le si paragona alla "scorza" ed al "nocciolo" (al-qishr wa'l-lobb), o anche alla circonferenza ed al suo centro.
La sharī'ah include tutto ciò che la terminologia occidentale definirebbe come propriamente "religioso", e in particolare l'intera parte sociale e legislativa che, nell'Islām, rientra essenzialmente nell'ambito della religione; potremmo dire che essa è innanzitutto norma d'azione, laddove la haqīqah è conoscenza pura, ma deve essere ben chiaro che proprio questa conoscenza dà alla stessa sharī'ah il suo significato superiore e profondo e la sua vera ragion d'essere, di modo che, sebbene non tutti coloro che partecipano alla tradizione ne siano consapevoli, essa ne è veramente il principio, come il centro lo è della circonferenza.
Il giusto adab verso le dottrine esoteriche
بسم الله الرحمن الرحيم
La scienza spirituale conosce diversi gradi di comprensione, la cui realizzazione non è determinata puramente dallo sforzo intellettuale esercitato, bensì anche e soprattutto dall'originaria predisposizione interiore di colui che vi si accosti, nonché fondamentalmente dall'azione e direzione dello Spirito, che elargisce e che sottrae la conoscenza liberamente, secondo i disegni della Sapienza divina. Tale scienza non è perciò disponibile sul terreno della polemica o della dialettica razionale, espedienti discorsivi che se pure possono assumere una qual certa funzione "protettiva" in determinati ambiti ed a specifiche condizioni di utilità, chiaramente non possono in alcun modo costituire uno strumento adeguato al dominio dell'intuizione spirituale e della realizzazione metafisica.
Il seguente articolo riporta chiaramente diversi dati tradizionali che testimoniano della condotta più opportuna, da adottare nei confronti degli ambiti più sottili della conoscenza spirituale. Chi non ne ha una conoscenza diretta, si astenga dal parlarne; chi ne ha realizzato i significati, badi scrupolosamente a condividerne soltanto ciò che può essere compreso con profitto, da coloro che ne abbiano le reali possibilità.
Nell'approfondimento dello studio delle dottrine spirituali, la trasgressione di queste indicazioni prudenziali rappresenta uno dei più comuni elementi di confusione e di dissidio, difficoltà che spesso finiscono per riguardare immediatamente anche altri ambiti della vita personale e comunitaria. Si tratta d'altronde di tendenze dispersive che caratterizzano particolarmente quest'epoca, in cui i piani tendono ad essere sovrapposti e confusi, ed i ruoli usurpati ed invertiti.
«Dice al-Shaykh al-Akbar Sidī Muyhī al-Dīn ibn 'Arabī: «Questa conoscenza [la conoscenza esoterica] deve restare nascosta alla maggior parte delle creature, a causa del suo contenuto troppo elevato; al di sotto di essa si spalanca un abisso profondo, cadere nel quale è cosa temibile. In effetti, se chi sia sprovvisto della conoscenza delle realtà proprie alle cose, osando accostarsi a questo grado di dottrina contemplativa, si imbattesse in qualche espressione di chi invece ne possiede la relativa conoscenza, potrebbe sentirsi autorizzato a dire, pur non avendone mai avuta diretta esperienza: "Io sono Colui che amo e Colui che amo è me"». [1] E' per questa ragione che teniamo celata la conoscenza di tali verità.
Quando Hasan al-Basrī (رحيمه اللَّه), durante le sue lezioni pubbliche, voleva parlare di misteri che non devono trovarsi sul cammino di coloro che non ne sono degni, chiamava da parte i soli Farqad al-Sabahi e Malik ibn Dīnar fra tutti i presenti dotati di gusto iniziatico, e serrando la porta a tutti gli altri, trattava di tali misteri riservatamente. Se non fosse stato necessario serbare il segreto, non si sarebbe certo comportato in questo modo.
Iscriviti a:
Post (Atom)